Non ricordo a quando risalga il primo premio letterario a cui ho partecipato, ma per certi versi credo di poter ricondurre l’evento alle scuole elementari, quindi all’età di dieci anni.
Accadde che uno dei miei temi venne segnalato al preside dalla mia professoressa di italiano. Il Provveditorato agli Studi in quel periodo aveva indetto un concorso nazionale tra tutte le scuole dell’obbligo italiane, ognuna delle quali avrebbe dovuto presentare un proprio candidato a cui sarebbe stato commissionato un tema, che un’apposita giuria avrebbe valutato.

Non nascondo che, sulle prime, l’idea di essere stato scelto a rappresentare la scuola elementare di via Gaetana Agnesi a Desio, ove all’epoca vivevo, mi riempì di orgoglio, e immagino che i miei genitori provarono le stesse sensazioni. Ma mi sarei ben presto dovuto ricredere. Forse avrei già dovuto farlo osservando l’euforia dei miei compagni, felici di non essere stati scelti.

Fatto sta che, un bel giorno, al suonare della campanella, mentre i miei compagni si fiondavano al cancello per correre a casa, la professoressa mi comunicò che sarei rimasto in aula, da solo, a scrivere il tema che la commissione esaminatrice avrebbe valutato.

Immaginatevi un bambino di dieci anni a cui, dopo 5 ore di lezione e la primavera straripante attraverso i vetri delle finestre, viene detto che anziché andare a casa deve mettersi a scrivere un tema!

Ad oggi ignoro che fine abbia fatto quel tema e quel concorso. Non ne seppi più nulla.

In seguito ho partecipato ad altri premi letterari, alcuni anche importanti. Non ne ho tenuto il conto, anche perché mi sono stancato abbastanza presto di parteciparvi. A quei pochi, mi sono quasi sempre piazzato secondo. Quindi, attestato di merito, strette di mano, encomi vari. Il premio vero e proprio, per inciso quello che avrebbe dato una giustificazione allo sbattimento procurato, veniva sistematicamente assegnato ad altri.

Curiosamente, lo stesso destino accomuna la mia compagna, pittrice. Anche nel suo caso, spesso il risultato finale è stato il secondo posto.

A voler pensar male, non posso fare a meno di notare che, in tutti o quasi i premi letterari a cui ho partecipato, a vincere è stato il personaggio famoso, chiamato per dare lustro alla manifestazione, oppure la casa editrice dal nome altisonante.

Una volta conobbi un tizio che spesso partecipava come giurato a concorsi di questo tipo, e ammise candidamente che per lo più il vincitore di un premio letterario è deciso a tavolino, in base ad accordi commerciali che non prevedono alcun riferimento alla qualità del manoscritto, o del quadro che sia. Ergo, “si senta lusingato di essere arrivato secondo, perché in pratica vuol dire che è la sua opera ad avere vinto. Quella piazzatasi al primo posto non è stata neppure valutata, ma ha vinto d’ufficio”. Grazie tante.

Ora, evitando di voler fare di tutta l’erba un fascio, non voglio certo affermare che tutti i premi letterari siano truffe e nascondano sistematicamente meccanismi “strani”, ma di sicuro più d’uno funziona proprio così.

Se ci aggiungiamo che per partecipare a un premio letterario di un certo livello occorre spedire non meno di dieci volumi, quando non sono venti, che ovviamente non vengono restituiti (che fine fanno?. Me lo son sempre chiesto), che occorre farsi carico di tanta buona volontà in termini di burocrazia (leggi tabulati da riempire e fila in posta per il pacco), e che tutto questo quasi sempre si conclude con un diploma e una stretta di mano, beh, francamente credo se ne possa fare a meno.

Intendiamoci: non voglio affermare che le opere che ho presentato ai vari premi letterari, credo una decina in tutto, si siano piazzate al secondo posto solo e soltanto per strani giochi di potere – può darsi benissimo che chi ha vinto lo meritasse più di me – ma almeno in un paio di circostanze so per certo che le cose sono andate proprio in questo modo.

Non sarebbe male conoscere l’opinione o l’esperienza di qualcun altro, magari anche in un contesto diverso da quello letterario.

Avete mai partecipato a un concorso, anche lavorativo, con la netta impressione (e magari pure un riscontro materiale) che tutto fosse già stato deciso preventivamente?

Raccontate la vostra esperienza qui sotto.

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